venerdì 1 giugno 2012

do I care? fuck everything


Rileggo un diario dove scrivo quando ho voglia, tempo, o quando ne sento la necessità fisica. Perché diciamocelo, io ci tengo al futuro del pianeta perciò evito la deforestazione scrivendo qui, però niente è comparabile con la penna che scivola veloce sulla carta.
Comunque.
Rileggo quello che ho scritto negli ultimi devastanti, sperduti, angosciosi, deprimenti, sconcertanti mesi. Mi escono ancora fuori le lacrime. Ma anche stavolta, più o meno, credo di essere in fase di recupero. Non so dire come faccio, le ultime volte credevo sinceramente che non ci sarei riuscita, che ci sarei rimasta sotto e punto. E invece ce la sto facendo. Ma, come ho già scritto più volte, pago. Pago forte.
In effetti ho perso la felicità, temo.
La felicità per me è quel momento da brivido in cui ti è capitata o ti sta capitando una cosa bella e tu pensi "adesso, d'ora in poi, tutto (di buono) può accadere".Ecco. La felicità non è la cosa bella in se', ma quella speranza così elettrizzante e vera, quel senso di luminosa aspettativa.
Temo che mi sia stata portata via, cazzo.
Sono felice ogni volta che anche solo penso a mia figlia, e nutro luminosissime speranze per lei. Ma non sono speranze per me. La mia felicità dipende dalla sua, e questo è comune e anche dolce, ma non è del tutto sano, a neanche trent'anni.
C'è una persona che mi piace. Mi piace come è cambiato il rapporto rispetto all'inizio, la confidenza che si sta creando, e mi piace da non credere quando ride. Posso chiudere gli occhi e sentire che ride nella mia testa. Peccato che la cosa non sia ricambiata, peccato che io non abbia il coraggio, il fiato per farglielo capire quel che provo, e soprattutto non abbia l'autostima per non tirarmi indietro. Perciò come al solito ho deciso di sparire e lasciare che le sue scelte diventino, mio malgrado, anche le mie.
C'è una persona a cui vorrei vomitare addosso tutta la mia rabbia e il mio dolore, e provare a fargli capire quanto ha distrutto la mia anima, ma neanche per fare questo ho l'energia, perciò sono, ancora, sparita, e lascio che viva la sua vita senza nemmeno immaginare come io vivo la mia.
C'è un progetto che ho in mente, per me e per me soltanto, ma costa troppo e tengo famiglia, e già vivo col senso di colpa perché per lavorare non sto con mia figlia quanto vorrei, figurati se ho la faccia di bronzo di inseguire uno sciocco capriccio, anche se è mio e solo mio.
C'è un posto dove vorrei andare a vivere, ma il senso di colpa verso una famiglia che mi ha dato tutto e di più, e il pensiero dei loro occhi se dicessi "la bimba ed io ci trasferiamo"..no, non lo reggo.
Nonostante tutto amo la mia vita, per quella che è e perché in ogni caso è mia, l'ho scelta io, e me la vivo più appieno possibile. Quindi.
Per rialzarmi ogni volta, pagare il dovuto, proseguire il cammino e sorridere e spingere quello che voglio spingere, la "soluzione" per me è pian piano diventata fregarmene. Delle relazioni, dell'amore, di un certo tipo di realizzazione personale, della speranza di avere di meglio in sostanza. La "soluzione" di farmi scivolare addosso più cose possibile. Fanculo.
Bella soluzione di merda dirà qualcuno. In effetti. Però non faccio male a nessuno al contrario di molti, non distruggo i miei rapporti interpersonali (non tutti) al contrario di altri, e in ogni caso non ho saputo fare di meglio.
Dire "fanculo" e tirare avanti.
Perciò chiudo il diario, cancello i suoi messaggi così ci penso di meno, non mi informo su quanto costano le case a Tenerife, riprendo in mano i libri d'arte, fumo, vado a guardare se la bimba si è addormentata. Dopodiché lo ripeto anche stavolta e anche stavolta provo a tirare avanti.
Fanculo. Fanculo. Fanculo. Fanculo. Fanculo.

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